Salute e Alimentazione

La salute nell’alimentazione

Secondo i principi integrati dello Zen Macrobiotico di George Ohsawa e

della Concezione Biodinamica di Rudolf Steiner.

di Andrea Biggio

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L’interesse principale dell’ esistenza, per noi, non deve essere tanto quello di dare più anni alla nostra vita,bensì quello di dare più vita ai nostri anni. Vivere a lungo non vuol dire necessariamente vivere sani. Perciò, un numero sempre maggiore di persone sceglie un’alimentazione semplice e naturale, perché ha deciso di prendersi cura della direzione di vita e della propria salute ed è alla ricerca di nutrimento di origini sane e adatto alle proprie scelte, anche quando esce di casa e viaggia. Qualche anno fa un medico ha festeggiato il suo centesimo compleanno. A chi gli chiedeva il segreto della sua lunga e sana esistenza ha risposto: “Abbiate cura del vostro stomaco per i primi cinquant’anni di vita, e lui si prenderà cura di voi nei successivi cinquanta”. Il messaggio principale che un corso di cucina avrebbe il dovere di trasmettere, dunque, non è formato soltanto da un elenco di gustose ricette culinarie ma da tutte le indicazioni possibili, teoriche e pratiche, affinché la scelta e l’elaborazione del cibo che mettiamo sulla nostra tavola, aldilà del senso materiale del gusto, possano diventare la chiave di volta della salutogenesi, per una buona salute fisica, mentale, spirituale; ciò anche a scopo di prevenzione delle malattie ed in armonia con ognuna delle stagioni dell’anno (tempo) e in ogni ambiente e clima (spazio). E questo senza tuttavia rinunciare al gusto ed al piacere di mangiare. Alimentarsi è un “processo” non un fattore acquisibile con una singola dieta o imparando qualche ricetta senza una base chiara e solida: allora è bene considerare il processo come un work in progress, qualcosa di continuamente mutevole ed adattabile. Iniziamo, dunque, un processo di cambiamento alimentare consapevoli che, come scriveva Goethe, “non si arriva mai tanto lontano come quando non si sa dove si va…!

Dieta o alimentazione?

Alimentazione e dieta:che differenza c’è? Cosa facciamo quando ci mettiamo a dieta e cosa invece succede se decidiamo di cambiare alimentazione? Andiamo per ordine e cominciamo con l’indagare le etimologie delle due parole. “Alimentazione” deriva dal latino “alere” che vuol dire nutrire. Dieta deriva dal latino “dies” che vuol dire giorno. La dieta risulta pertanto un fatto di giorni, episodico, stabilito in base ad esigenze e necessità momentanee di salute o di moda. La dieta è sempre limitata nel tempo perché prevede, prima o poi, il ripristino dello stile di alimentazione proprio della persona e del suo ambiente, viene sempre vissuta come una prigione da cui evadere al più presto. Si tratta quasi sempre di situazioni del tipo: “…da lunedì mi rimetto a dieta!” oppure “…passate le feste inizio la dieta!” oppure ancora “…il medico mi ha prescritto una dieta”. L’alimentazione e la qualità del nutrimento sono invece una scelta che riguarda lo stile di vita e che ha a che fare con la durata, con il ritmo del vivere di ciascuno. L’alimentazione è come il linguaggio: si dice comunemente alimentazione materna così come si dice lingua materna. Dunque siamo in presenza di codici culturali inconsci e quindi molto profondi e difficili da modificare da un giorno all’altro. L’alimentazione, inoltre, è molto di più della soddisfazione di un bisogno fisiologico, è una forma di comunicazione che ci lega all’ambiente nel quale viviamo (criterio d’identità, simbolo di gruppo, atto ostentatorio, scambio sociale, costume, tradizione, superstizione, ecc). Nello scegliere il cibo vi è pertanto una complessità di relazioni tra aspetti visibili ed invisibili per i quali spesso risulta più facile mettersi a dieta e molto più difficile cambiare stile di alimentazione e quindi di vita. È vero che risulta irritante, ai più, che l’attività dell’alimentarsi, in apparenza solo fisiologica e materiale, possa invece essere anche un atto profondamente impregnato di aspetti simbolici, energetici e spirituali che non andrebbero studiati separatamente dagli altri. Sarebbe importante, quindi, adottare un punto di vista olistico per affrontare il tema del cambiamento e della nutrizione per comprenderlo in un tutto unico, proprio come hanno fatto due importanti scuole di pensiero: lo Zen Macrobiotico di George Ohsawa e la Scuola Steineriana (Goethe – Steiner – Hauschka). La conclusione più saggia sarebbe dunque quella di cercare uno stile alimentare più appropriato a noi ed alle nostre esigenze anziché passare da una dieta all’altra sottoponendo le cellule del corpo all’indicibile stress di espandersi e restringersi continuamente. Perché il fine dell’alimentazione sana possa realizzarsi, vi deve essere una grossa spinta, una pressione forte da canalizzare nel cambiamento, allo scopo di arrivare a variare ciò che mettiamo ogni giorno nel piatto e cioè cereali integrali, legumi e verdure, il nutrimento dei nostri nonni. Oggi, sia medici che giornali e TV, con i loro “nutrizionisti ufficiali”, suggeriscono diete per ogni minima esigenza ma difficilmente si cimentano in un discorso più profondo, qualitativo e di lungo periodo che coinvolga le scelte primarie del cibo e della sua energia, da seguire con regolarità sulla tavola. E quando lo fanno, impiegano un linguaggio biochimico di calorie, di proteine, di omega3, etc. che non ci aiuta quando siamo al mercato a fare la spesa. Tutto ciò è dovuto al fatto che oggi l’alimentazione viene trattata, soprattutto in occidente, semplicemente come aspetto della cultura materiale, tecnologica e economica o, al massimo, come aspetto inferiore e residuo della sfera spirituale e psicologica.

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Quando siamo molto malati, o anchesolo malati, ricorriamo a interventi chirurgici (il massimo della dipendenza da altri e quindi dalle spese); se non funzionano ci affidiamo, anche contemporaneamente, a farmaci allopatici e terapie invasive terribili. Dopo, in caso di persistenza della sofferenza scopriamo le medicine non convenzionali e, possibilmente, il lavoro sul corpo. Solo alla fine scopriamo l’importanza dell’alimentazione e dello stile di vita. Ma questo è un circolo vizioso e non virtuoso come quello che invece dovrebbe partire dal cibo per mantenere lo stato di salute e migliorarlo e che rappresenta il massimo dell’autonomia e dell’indipendenza da altri e del risparmio delle spese. Secondo il circolo virtuoso l’intervento chirurgico dovrebbe costituire solo l’extrema ratio dopo che gli altri strumenti a nostra disposizione si sono dimostrati insufficienti. Il principio della salutogenesi è un focus particolare che noi portiamo nel campo della salute prima che si sviluppi la malattia, per poterla meglio prevenire. Nel mondo occidentale la ricerca sulla salute è stata sempre trascurata prediligendo lo studio della patogenesi (che dal greco antico significa genesi della sofferenza) che pensa soltanto all’uomo quando è malato ed ai modi per farlo guarire. La nostra società moderna si preoccupa maggiormente di individuare le cause che determinano le malattie anziché indagare, favorire ed incoraggiare i c.d. determinanti della salute, che sono costituiti principalmente dalla qualità del cibo e dello stile di vita adottato (ambiente, filosofia, cultura, etc.) Con il principio della salutogenesi (che dal greco antico significa genesi dello stato di salute), negletto dalla medicina ufficiale occidentale, si cominciano finalmente a studiare le forze e le difese corporee individuali, la capacità di autocura insita nell’organismo umano e le possibilità di scegliere autonomamente le modalità per mantenersi in uno stato sano soddisfacente. La salutogenesi ci aiuta a scoprire perché virus e batteri attaccano un individuo e l’altro no, ponendo nuove domande: Cosa ha mantenuto l’individuo sano? Quali sono le risorse, le difese e le scelte che consentono alla persona di restare sana e come fare a svilupparle, sostenerle e rafforzarle? Come si realizza uno stato di integrazione corpo-mente che consente resistenza e capacità di cambiamento all’individuo in salute? La linea di studio patogenetica, che si occupa solo della malattia, relega l’essere umano ad un ruolo passivo che vede sempre all’esterno di noi ciò che nuoce e quindi le cause dei nostri mali e delle nostre malattie: batteri virus e smog sono i “colpevoli” principali dei malanni che ci colpiscono, per cui è importante sviluppare questa “ricerca del colpevole”, che è sempre fuori di noi, per debellarlo. A tale ricerca se ne affianca purtroppo sempre anche un’altra indispensabile, che le fa da contraltare, quella della “ricerca dell’eroe” che ci salverà e che è sempre fuori di noi: antibiotici, integratori, omega3, etc. Se infatti la causa della malattia è esterna a noi, per la comune mentalità, anche l’aiuto per la guarigione deve venire dall’esterno.Il principio di salutogenesi, invece, ci consente di dare una direzione alla nostra salute e di prevenire lo squilibrio senza partire da esso come fa la patogenesi. L’attivazione delle difese corporee ed il rafforzamento del sistema di autocura che la natura ci ha fornito hanno un punto di partenza, un nocciolo duro molto importante, che precede in assoluto tutti gli altri: alimentazione e stile di vita! Solo una sana alimentazione con cibi energeticamente bilanciati, e coltivati in modo sano come fa l’agricoltura biodinamica, ci consente di stimolare l’attività dell’organismo e mantenere in forma il campo di forze che in esso è preposto al mantenimento della salute. Il principio di una sana alimentazione è un principio di scelte, di attività e non di passività, ove ciò che conta è l’attivazione non lo sgravio ed il risparmio delle forze che consentono al sistema immunitario di difenderci dallo squilibrio. Quest’ultimo è facilmente connesso ad un’alimentazione errata, cioè a disordine, sovrabbondanza, cucinare erroneamente, combinare male, introdurre sostanze nocive, scegliere cose sbagliate, non tener conto degli effetti che i cibi provocano in noi. Crediamo di risparmiare tempo e forze nutrendoci di cibi già pronti, scatolame, precotti, integratori, surgelati, merendine, pillole vitaminiche, etc. ma tutto ciò ci fa solo perdere quelle forze. Noi guadagniamo forze quando mettiamo a cuocere sul fuoco un bel pugno di cereali integrali, possibilmente biodinamici ed in chicco! Perché in chicco? Perché così il seme (il cereale è un seme) non si indebolisce con la frantumazione in farina e mantiene la sua integrità consentendo anche a noi di essere integri (anima-spirito-corpo). Perché biodinamici? Perché il chicco, per essere completo, deve conservare la sua antica ed originaria doppia valenza: di fungere oltreché da alimento, che si smaterializza nel nostro corpo, anche da organo riproduttore, capace cioè, se piantato, di generare una nuova pianta. Purtroppo oggi ciò non avviene nella stragrande maggioranza dei cereali, anche biologici, composti di chicchi non in grado di autoriprodursi come è invece per il seme nato biodinamicamente. Non bisogna dimenticare che nelle piramidi d’Egitto sono stati trovati chicchi di cereali ancora in grado di germogliare a distanza di migliaia di anni: questa è la potenza del mondo di Demetra, la mitologica dea greca della fertilità dei campi, identificata con Cerere, donde appunto “cereale”, dagli antichi Romani.

I pericoli dell’Ortoressia

Anoressia e Ortoressia derivano dalla parola greca òrexis che vuol dire appetito. Agli anoressici l’appetito manca (an), per gli ortoressici l’appetito è invece regolamentato in modo “retto” e “vero” (orthòs), secondo regole chiare e ben codificate e soprattutto portatrici di verità assolute. Può essere ortoressico sia chi mangia sempre carne che chi non ne mangia mai. Per i primi vi è un problema di quantità, come anche per i bulimici, mentre per i secondi vi è un problema di qualità. Le persone ortoressiche sono quelle ossessionate dalle abitudini alimentari, dietro le quali si nascondono altre ossessioni. Alcuni sintomi, di questa che ancora non viene considerata una vera e propria malattia, sono: o Seguire in modo estremamente rigido gli insegnamenti di una scuola o di un pensiero o Sentimenti negativi verso le persone che mangiano “in modo ordinario” o Mancanza di comunicazione e relazione con chi ha idee diverse sul cibo o Necessità di programmare “in maniera ortodossa” ogni pasto, dentro e fuori casa o Rigore con se stessi o Senso di colpa, se e quando si trasgredisce o Necessità di conoscere ogni singolo ingrediente contenuto negli alimenti o Pensare esclusivamente agli effetti del cibo e non al suo piacere e alla socialità che comportaRudolf Steiner praticava il vegetarianismo non in modo dogmatico ma perché era attento agli effetti ed alle forze che i diversi alimenti generano in noi: “Un uomo può organizzare la sua alimentazione in modo da aver bisogno solo di poco tempo per digerire, mentre un altro forse impiegherà per ciò molto tempo. Se un uomo mangia del riso e porta a termine velocemente la sua digestione, gli rimarranno ancora delle energie disponibili per la sua attività mentale. Un altro che mangia ad esempio anitra selvatica e che avrà bisogno di un tempo più lungo per digerire, potrà essere altrettanto intelligente, ma quando produrrà dei pensieri in realtà sarà la sua pancia a pensare…” Si narra che Rudolf Steiner pur essendo un convinto vegetariano non esitasse però, quando era al ristorante a cena con i suoi allievi, ad essere il primo ad ordinare carne allo scopo di trarre d’impaccio gli altri e fargli comprendere i pericoli dell’ortoressia. Steiner inoltre ripeteva, durante le sue conferenze sull’alimentazione, che non tutti possono arrivare a reggere una privazione completa della carne e un cambio radicale di alimentazione: a costoro ripeteva che, in fine dei conti, “la carne è meglio mangiarla che sognarla!” Molti macrobiotici sono ortoressici perché credono che ciò che lo Zen Macrobiotico sconsiglia in via ordinaria, come cibo di base, sia una regola assoluta e vera che non ammette variazioni, neanche in via straordinaria. Essi non sanno, invece, che Ohsawa non era per niente così stretto come si vuol far credere da tanti suoi proseliti. Il divulgatore della macrobiotica, anzi, si lamentava spesso del fatto che molta gente prende la Macrobiotica come fosse un precetto rigido e monotono e ricordava che la rigida e precisa prescrizione macrobiotica deve essere seguita solo allorché si debba guarire da una malattia. Leggiamo come egli stesso si esprime in un libro fondamentale scritto in francese (pagina 95), perché egli aveva scelto di vivere in Francia, libro stranamente ancora non tradotto in Italia: “Le Livre de la Vie Macrobiotique” edizione J.VRIN – Paris. L’Autore scrive, dopo essersi curato dalla malattia ed essere tornato in piena salute con tanti anni di macrobiotica, così “attualmente sopporto perfettamente tutto ciò che mangio, qualsiasi cosa essa sia. I miei vecchi amici sapevano bene che non sopportavo né l’alcol né il tabacco ma ora posso divertirli con tutto questo anche se sono in grado facilmente di vivere senza questa cose. Accetto con gioia i piatti europei così come quelli cinesi, così come frutta, dolci zuccherati, cucina francese, caffè, cioccolato, whisky… Ed il vino Moscato è il mio preferito.” Poi Ohsawa continua precisando giustamente che ciò “evidentemente non è tutti i giorni”. Quindi conclude: “Mi dà davvero fastidio quando continua così ogni giorno, ma io li assumo in ordine di Yin/Yang e curando le combinazioni macrobiotiche in modo tale da non subirne tanto le conseguenze velenose.” L’obiettivo principale è secondo Ohsawa quello di stare in salute per poter mangiare correttamente tutto ciò che si produce nel paese dove si vive, combinando abitualmente gli alimenti in base alla legge del proprio corpo e della propria terra.

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